Da interprete la scelta dello strumento è stata immediata, appassionata o piuttosto lunga e ragionata?
Le "presentazioni" avvennero intorno ai miei otto anni: mio padre ne era follemente innamorato da tempo, mia madre, clavicembalista, non meno entusiasta, per cui si può dire che il mio percorso fosse già segnato in partenza. Pur vivendo in un ambiente estremamente ricco di stimoli musicali, non vi fu nessuna ricerca o richiesta particolare da parte mia fino a quel giorno; ero troppo vivace ed irrequieto per poter nutrire un sia pur minimo interesse nei confronti di una qualche "disciplina" ma con gli anni le cose sarebbero cambiate...
Quando hai deciso di essere oltre che strumentista, anche costruttore di strumenti?
La mia passione per la liuteria è maturata di pari passo con lo studio dello strumento. Le visite quotidiane al laboratorio di mio padre mi hanno concesso di acquisire in maniera naturale una serie di immagini e trucchi del mestiere che mi sarebbero tornati molto utili in seguito, anche se all'epoca ero ben lungi dall'idea di fare il liutaio. .
C'è un modello di riferimento per te?
La scelta del modello non è una questione meramente estetica perché ha delle notevoli ripercussioni anche sul suono. Occorre ricordare in proposito che se da un lato le dimensioni del violino erano già state codificate da Andrea Amati nel'500, per i violoncelli, all'inizio del '700 regnava ancora una gran confusione. E' il periodo in cui il violoncello inizia a svincolarsi progressivamente dalla pratica del basso continuo in favore di un repertorio che lo vedrà sempre più protagonista. Chi assiste attivamente a questo passaggio è Antonio Stradivari il quale, durante tutta la sua lunga carriera ne modifica le dimensioni (rimpicciolendolo) per rendere lo strumento più maneggevole.. Dello stesso periodo o di poco posteriori, sono i violoncelli veneziani: Matteo Goffriller e Domenico Montagnana in primis. Se gli agili violoncelli stradivariani hanno un suono tenorile, quelli veneziani, di grande formato soprattutto in larghezza, ne hanno uno decisamente più baritonale. La mia preferenza (dal 2014) è per un modello ispirato al M.Goffriller del 1710 suonato da Alban Gerhardt che ebbi occasione di ascoltare in due occasioni con "La Verdi" e che dal mio punto di vista rappresenta un ottimo connubio tra forza ed eleganza.
Quale il rapporto tra tradizione e novità nel tuo lavoro di liutaio?
L'aspetto più controverso e discusso degli addetti al settore è sicuramente il paragone tra moderno a antico. Il confronto si svolge su due piani distinti: quello estetico e quello acustico. Al pari dell'ambito musicale, anche in liuteria il livello tecnico esecutivo si è alzato enormemente in questi ultimi 20 anni. Le cause principali sono da ricercarsi nel numero crescente di giovani di tutto il mondo che si dedicano quest'arte ed una migliore circolazione delle nozioni rispetto al passato. Quindi sul piano della precisione esecutiva non c'è storia: il nuovo batte l'antico a mani basse! Occorre tuttavia sottolineare che all'epoca dei classici, non era considerata un requisito indispensabile: il più accurato era ovviamente Stradivari poiché ben retribuito da committenze altolocate, al contrario, chi si rivolgeva ad una clientela di musicisti, da sempre squattrinati (corsi e ricorsi storici...),era costretto ad accelerare la produzione a scapito dell'accuratezza nel lavoro. Dal punto di vista acustico, lo strumento antico sta al moderno come l'atleta alla persona non allenata. Il fattore tempo determina questa discrepanza ed opera sia sulla stagionatura dei legni che, in misura anche più significativa, sulle ore di utilizzo accumulate. Analogamente ad un gesto ripetuto, che col tempo diviene sempre più preciso e naturale, le vibrazioni forzate che le corde trasmettono allo strumento, rendono la cassa armonica più pronta e reattiva. Con un po' di poesia possiamo affermare che se tra i precedenti proprietari vi è un illustre predecessore, è possibile che il suo suono continui a vivere nello strumento: è quanto dichiaro' Accardo dopo aver posato l'arco sullo Stradivari ex- Francescatti.
'Vedi' già lo strumento dal pezzo di legno?
La scelta dei legni è fondamentale per la riuscita sonora dell strumento. Con materiali mediocri è impossibile ambire a grandi risultati. Esteticamente bello e acusticamente buono non sempre vanno a braccetto: la selezione avviene seguendo criteri di omogeinità della fibra, densità (che, soprattutto per l'abete, non deve essere eccessiva), velocità di propagazione del suono, assenza di imperfezioni quali sacche di resina ecc... Per me è basilare avere in testa un progetto estremamente chiaro sin dal principio. Come il solista che, accostandosi ad un nuovo lavoro, studia la partitura "a secco" ossia senza strumento, anche il liutaio si dovrebbe creare il suo modello mentale prima di passare al lavoro vero e proprio. Ed è questa la fase in cui "vede" il nascituro in una proiezione generale e ne sceglie i legnami più indicati per il tipo di suono che vuole ottenere. Dopodiché, rimane sempre molto seducente l'dea neo-platonica-michelangiolesca secondo cui la forma esiste già, intrappolata nel blocco (di marmo o di legno nel nostro caso) ed è compito dell'artefice, liberarla dal materiale in eccesso.
C'è ancora una tradizione italiana o le informazioni e i risultati sono ormai globali?
L'effetto della globalizzazione in ambito culturale ha due facce: il carattere di unicità che contraddistingue le figure di spicco di tutte le epoche va perdendosi in favore di un sapere generalizzato e cosmopolita. Pertanto sia in ambito musicale che in quello liutario, non si può più parlare di scuola italiana, francese, tedesca e così via: se per un compositore come Schubert era sufficiente una passeggiata nei boschi alla periferia di Vienna per trarre le giuste ispirazioni, il musicista e il liutaio contemporanei sono soggetti allo stimolo giornaliero di tutto ciò che è in rete. Il crescente numero di coloro che si dedicano a queste arti, unitamente alla stratificazione delle interpretazioni, trasmette una sensazione di ripetitività e mancanza di personalità derivanti dall'oggettiva difficoltà nel poter dire qualcosa di nuovo. Gli effetti positivi sono da ricercarsi nella più rapida ed efficace diffusione delle idee e, rimanendo in campo liutario, nella scomparsa di molte "ingenuità" riscontrabili in vari strumenti, anche di un recente passato.
Quale tra i tuoi strumenti ami di più e per quale motivo?
Quello che deve ancora nascere perché in esso convergono tutti i miei desideri, aspettative e conoscenze.
Da che cosa potresti riconoscere, tra mille, uno strumento 'tuo', uscito dalla tua bottega?
Ogni creazione artistica ci racconta qualcosa di chi l'ha creata. La liuteria non fa eccezione: interrogando gli strumenti può emergere il carattere dei liutai, il senso estetico, la metodologia e così via. In taluni casi possiamo sapere se erano destri o mancini... Analizzando i miei strumenti, i dettagli riconoscitivi che noto sono innumerevoli ma dovendone indicare uno su tutti, dirò l'intaglio del riccio.