GENZINI: Fabrizio, stai vivendo un periodo molto intenso della tua giovane carriera, come ti sei avvicinato alla musica ed in particolare al violino?
 
ZOFFOLI: hai presente quando si parla di concerti nelle scuole? Di piccole esibizioni fatte da ragazzi per altri ragazzi? Ecco, proprio così è nato il mio amore per il violino ed in seguito per la musica. Ero in seconda elementare e dalla Scuola di Musica “G. Rossini” di Cervia venne a suonare la piccola orchestra formata da pochissimi elementi nella quale i violini facevano da viole, i violoncelli da contrabbassi e il sax da tromba. Ho ancora dei ricordi abbastanza definiti; mi ricordo della spalla (e direi unico della fila di primi), lo guardai continuamente e ne rimasi in qualche modo affascinato; proprio da quel giorno mi venne voglia di giocare col violino! Allora mia madre mi portò all’esame di ammissione alla Scuola di Musica dove risultai idoneo in più strumenti tra i quali il violino e così il mio percorso iniziò. Entrai così nella classe del mastro Piero Raffaelli (che ancora sento regolarmente e lo aggiorno sui miei impegni artistici) il quale cominciò da subito a giocare con me; grazie alla sua grandissima sensibilità da vero artista mi scriveva dei brani divertenti nei quali avevo la possibilità di sviluppare una musicalità che altre scuole troppo tecniche spesso non danno. Mi ricordo di un brano scritto solamente sulle note di FA, LA, SI poiché nel mio nome ci sono le lettere F, A, B e mi ricordo molto bene il saggio che feci subito il primo anno al Teatro comunale di Cervia davanti alla sala piena di genitori, parenti e persone solamente curiose. Pensa che entrai sul palco senza spartito che avevo dimenticato nel camerino quindi feci l’inchino e, guardando la platea, ritornai subito dietro le quinte per cercare quel prezioso foglio di carta! Ma entrare in contatto da subito col pubblico mi è stato fondamentale per non avere mai preoccupazioni e ansie da prestazioni. Le persone in sala erano solo amici e parenti che applaudivano a fine esibizione, non temibili nemici o cattivi giudici e, anche oggi, mi piace vedere il pubblico così formato: solo persone desiderose di essere emozionate. Mi sono dilungato molto sui miei inizi ma voglio che venga sottolineata l’importanza che hanno queste piccole esibizioni alle scuole. Io ho cominciato così, tuttora continuo e lo sto facendo diventare il mio mestiere; perché tanti altri bambini non dovrebbero fare la stessa cosa? Dalla scuolina di musica (così la chiamano i cervesi) sono andato prima al conservatorio “B. Maderna” di Cesena ed in seguito al conservatorio “G. Verdi” di Milano dove mi sono diplomato con il maestro Gabriele Baffero, un allievo di Borciani che mi ha rinforzato molto tecnicamente e al quale devo tantissime scelte musicali di molti brani. Parallelamente a tutto ciò ho studiato 5 anni all’Accademia Internazionale di Imola con Pavel Berman e Maurizio Sciarretta. Anni di continuo studio tecnico e di repertorio che mi hanno davvero avvicinato alla professione e non più al semplice gioco. Un incontro che davvero potrei definire “rivelante” è stato quello con il grande pianista del Trio Tchaikovsky, Konstantin Bogino. Ho studiato con lui tre anni musica da camera (prima a Roma e poi a Imola) quando facevo duo con il bravissimo pianista Cesare Pezzi. Bogino è stato un insegnate eccezionale, mi ha dato tantissimo a livello musicale e molte scelte che faccio oggi sono dovute proprio ai suoi consigli che mi porto dietro tanto riconoscente. E’ un musicista di quelli che riescono a farti suonare meglio per davvero. Direi che più o meno siamo arrivati al presente. Ho frequentato tante masterclass e corsi di maestri molto bravi come quelle di Francesco Manara, Pavel Vernikov, Roberto Noferini e altri. Cito per ultimo il maestro Zakhar Bron con il quale ho fatto qualche lezione e che, oltre ad avermi dato ottimi consigli, mi ha fatto conoscere Giacomo Coletti (anche lui, infatti, partecipò ad una masterclass di Bron) con il quale poi inizieremo l’avventura del quartetto d’archi. Non sono figlio d’arte ma ringrazio i miei genitori per gli sforzi che hanno fatto e che continuano a fare, l’Italia è un Paese difficile per gli artisti (anche se credo che al momento sia complesso un po’ ovunque) e senza un appoggio è molto difficile potersi permettere di tentare la carriera.
 
GENZINI: Quali caratteristiche deve avere per te il suono ideale del violino?
 
ZOFFOLI: Il suono ideale del violino è, secondo me, un discorso molto articolato. Sicuramente c’è una differenza a seconda dell’utilizzo che se ne deve fare. Mi spiego meglio: oggi suono quasi esclusivamente in quartetto d’archi e mi rendo conto dell’importanza e difficoltà della scelta dei vari strumenti. Da piccolo quando ero alla ricerca del mio primo violino di liuteria mi sono spesso sentito dire (anche da esperti liutai): “questo si, è un buon violino ma non ha tanto suono; è più adatto alla musica da camera...”. Oggi, che ho acquisito un minimo di esperienza in più, posso chiaramente smentire questa esclamazione tanto spesso osannata. Un violino deve avere caratteristiche sonore e timbriche eccezionali e deve essere scelto con intelligenza sia che si tratti di un grande solista e sia che si tratti di un camerista. In quartetto ogni strumento ricopre un ruolo ben definito e deve avere caratteristiche tali da aiutare l’equilibrio delicato delle parti e da creare un suono che si amalgami bene con gli altri. Il primo violino, per esempio, non ha necessità di uno strumento eccessivamente “chiaro” e squillante, la sua parte è già scritta bene dal compositore che gli darà il giusto spazio nei temi (nella maggior parte dei casi); deve avere un suono caldo e morbido nella prima corda in modo che i temi spesso acuti riescano ad amalgamarsi bene con l’altro violino e con tutto il quartetto. Il secondo deve avere la possibilità di avvicinarsi al suono del primo (nei controcanti per esempio) ma anche al suono della viola quando (e succede spesso) hanno parti insieme. Così vale anche per la viola e il violoncello. I quartetti nei quali svetta un bravissimo primo violino tanto acuto con in secondo piano gli altri tre non mi piacciono, il suono del Quartetto Italiano non era così. Il quartetto è un unione intima nel quale ogni strumento gioca all’interno della partitura. Per esempio, spesso è bellissimo e molto interessante mettere in risalto un accompagnamento; è chiaro che il rispetto della partitura rimane fondamentale ma giocare con gli equilibri oltre a creare qualcosa di particolare è anche molto divertente. C’è anche da dire che lo strumentista ricopre un’enorme importanza nella produzione del suono; ogni esecutore ha una propria sensibilità che uscirà sempre sia con strumenti da pochi soldi e sia con quelli di alta ed altissima liuteria. Va da se che avere un prezioso violino aiuta e non poco ma ognuno ha il proprio suono. Devo a tal punto rinominare il “nostro” Quartetto Italiano, loro non avevano Stradivari, Guarneri o Guadagnini eppure il loro suono è stato e rimarrà sempre immortale.
 
GENZINI: A che progetti stai lavorando?
 
ZOFFOLI: La mia attività e quella dei miei colleghi oggi è basata quasi esclusivamente sul quartetto d’archi. Abbiamo iniziato questa avventura da circa un anno e da allora abbiamo già avuto tanti impegni e soddisfazioni. Abbiamo deciso di farci indirizzare da bravi insegnanti sin da subito e così abbiamo fatto l’audizione all’Accademia Stauffer dove siamo entrati nella classe di uno dei migliori quartetti oggi in circolazione, il Quartetto di Cremona. Le lezioni, che si tengono in due giornate al mese, sono per noi fondamentali e ci avvicinano molto più facilmente ad un modo unico di suonare. Loro sono “figli” del maestro Hatto Beyerle che è stato il violista fondatore del Quartetto Alban Berg e ci stanno insegnando a parlare e a dialogare con gli strumenti. Ogni frase di ciascuna parte deve essere una voce, deve talvolta sussurrare, a volte “sgridare” gli altri, altre invece, per esempio, prendere sottobraccio un altro strumento. Ci stanno trasmettendo un modo di suonare non più strumentale; il suono è si prodotto da strumenti in legno ma noi dobbiamo trascendere le difficolta materiali (le note, l’insieme, l’intonazione, l’acustica, ecc...) a favore di un dialogo che trasmetta al pubblico qualcosa. Sono anche fiero di dire che il prossimo mese avremo l’onore di andare proprio a Grossraming dal maestro Beyerle per quindici giorni e speriamo di entrare in contatto diretto con questo modo di pensare. In quel periodo parteciperemo anche ad una sessione dell’ECMA (European Chamber Music Academy) assieme a quartetti di alto valore artistico che sono già in piena carriera e speriamo di apprendere anche da loro. Vorrei anche menzionare il maestro Paolo Chiavacci che di tanto in tanto ci segue a Cesena. E’ un grande artista, primo violino del Quartetto Fonè che all’epoca della massima carriera vinse il secondo premio al concorso Schostakovich di San Pietroburgo e registrò il quintetto di Schubert per due violoncelli con Franco Rossi. Tante idee, tanti consigli che vanno sempre vagliati, decifrati e fatti nostri ma ci rendiamo conto che tutto ciò ci sta facendo crescere molto. I progetti futuri, invece, prevedono numerosi concerti uno tra i quali proprio nella tua città, Cremona. Suoneremo nella rassegna d’inaugurazione del nuovo auditorium del violino per la fondazione Stradivari; è una data molto importante e vogliamo arrivarci ben pronti. Subito dopo inizierà una sessione di registrazione di un CD di musica contemporanea scritta dal giovane compositore pugliese Francesco Lisena. A proposito di musica contemporanea tengo molto a sottolineare il rapporto sia personale che lavorativo che si sta creando con il bravissimo Aurelio Scotto, compositore nato all’isola del Giglio che ora risiede a Firenze. Ci ha invitati un paio di settimane fa a suonare proprio al Giglio e siamo rimasti piacevolmente colpiti dalle sue musiche e dal suo modo di comporre. Abbiamo deciso di portare avanti una collaborazione che spero risulti fruttuosa. Abbiamo in cantiere anche un progetto di registrazione di un altro disco ma per ora non ti anticipo nulla.
 
GENZINI: Quali sono i tuoi autori preferiti?
 
ZOFFOLI: Gli autori preferiti....domanda difficile. Quasi ogni compositore ha affrontato il quartetto d’archi e ci sono quartetti magnifici in ogni dove. Spesso mi capita di pensare a quale autore io mi senta più vicino e devo dire che mi succede di andare a periodi. Beethoven è e sarà il compositore che probabilmente suonerò sempre con tanta voglia e partecipazione; è musica incredibile, energica, piena di conflitti interiori, così tanto personale, spesso intima e assolutamente libera. Apparteneva ad una persona che ha sofferto tanto, una personalità buona e burbera. Ho letto da poco un libro del maestro Alessandro Zignani (che tra l’altro è stato un mio bravissimo insegnante) il cui titolo, o meglio sottotitolo rende bene l’idea che ho di questo compositore: “L’orecchio interiore - la scandalosa purezza di Beethoven”. Doveva essere una persona molto vera a costo di risultare un personaggio da tenere alla larga e questo lo trovo ammirevole. Un quartettista non può non amare anche il padre della formazione, Haydn. Di lui amo la simpatia che suscita nelle sue opere, il suo essere sarcastico con la battuta sempre pronta. Nella sua musica si sente; si percepisce anche la sua rigorosità nella forma che è perfetta. Poi c’è Schubert, un compositore venuto a mancare troppo presto, in lui doveva esserci tanto amore e basta una sola sua frase musicale per capire che si trattava di un sentimento profondo. Un amore che si è dovuto alternare alle fatiche della lotta contro la sua malattia. Potrei citare ancora tantissimi autori che amo; c’è ovviamente Mozart, Schoenberg (del quale abbiamo suonato lo stupendo sestetto per archi), Brahms, Vivaldi, Verdi, Puccini, Bach, Schostakovich e chissà quanti altri che ora non mi sono venuti in mente. In ogni caso quando suono con i miei meravigliosi colleghi ogni compositore prende un interesse particolare. Con tutto ciò...sai cosa ascolto ultimamente in auto? I Queen, Elvis Presley e i Beatles...